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Rimborsi a rischio dei viaggi e vacanze annullati per Coronavirus

23 aprile 2020






La diffusione del coronavirus, oltre a costituire un’emergenza sanitaria, si ripercuote in molti settori e il più colpito in Italia è senza dubbio quello turistico. Pacchetti turistici, alberghi prenotati, viaggi, biglietti di aerei, traghetti e treni: tutto annullato per l’emergenza coronavirus.


Cosa succede alle somme già anticipate dai consumatori?


Da un lato c’è il pressing dei clienti che chiedono la restituzione integrale dei soldi, dall’altro ci sono gli operatori che, invece, propongono voucher sostitutivi. La normativa sui pacchetti turistici e contratti di trasporto varata dal governo sull’onda dell’emergenza Covid-19 sembra dare ragione agli operatori, mentre quella europea tutela il consumatore: quale delle due prevale?

I PACCHETTI TURISTICI


L’art. 28, comma 5, D.L. n. 9 del 2 marzo 2020 prevede che, in caso di recesso da parte del consumatore per ragioni dovute all’emergenza coronavirus (riconducibili essenzialmente a restrizioni, di varia natura, alla libertà di circolazione), l’organizzatore può a sua scelta:

1) offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore;

2) procedere al rimborso nei termini previsti dall’art. 41, commi 4 e 6, D.Lgs. 79/2011 (Codice del Turismo);

3) emettere un voucher da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante.


In altre parole, la decretazione d’urgenza consente all’operatore di evitare il rimborso delle somme anticipate dal viaggiatore offrendo un voucher in sostituzione e, per tale ragione, si pone in aperto contrasto con il D.Lgs. 79/2011 (Codice del Turismo), che ha introdotto nel nostro ordinamento una dettagliata disciplina di tutela del consumatore, recependo la direttiva 2008/122/CE.


Infatti, l’art. 41, comma 4, D.Lgs. 79/2011 riconosce al viaggiatore, “in caso di circostanze inevitabili e straordinarie”, tra le quali rientra senza dubbio l’emergenza coronavirus, il diritto di recedere dal contratto e ottenere il rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto turistico.


I BIGLIETTI DI VIAGGIO


In caso di acquisto di un biglietto aereo, del treno, di un traghetto o di un soggiorno che non è possibile utilizzare a causa del coronavirus, l’art. 28, D.L. 9/2020 richiama l’art. 1463 del codice civile, riconoscendo così al viaggiatore il diritto di ottenere il rimborso del biglietto, in quanto ricorre la sopravvenuta impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile.


Senonchè l’art. 88, D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 prevede, per i contratti di soggiorno, che il venditore possa emettere un voucher di pari importo al titolo di acquisto da utilizzare entro un anno dalla emissione, e purché il consumatore lo presenti entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto stesso. Ne discende, pertanto, che anche in questo caso i rimborsi sono a rischio.


Com’è facilmente intuibile, l’operatore nella maggior parte dei casi opterà per l’emissione di un voucher, negando al consumatore il rimborso delle somme già versate per i viaggi e vacanze già prenotate, ma può considerarsi legittima la normativa varata per l’emergenza Covid-19?

Va, innanzitutto, evidenziato che l’art. 28, D.L. 9/2020 disciplina esclusivamente l’ipotesi in cui sia il viaggiatore a chiedere l’annullamento del viaggio, mentre nel caso in cui sia l’agenzia turistica ad annullare il pacchetto turistico a causa dell’emergenza sanitaria, questa è tenuta a restituire al viaggiatore tutte le somme anticipate, trovando piena applicazione l‘art. 41 del Codice del Turismo.


Al di fuori di questo caso, sussiste una sostanziale divergenza tra la decretazione d’urgenza e la disciplina dettata dal Codice del Turismo, che non sembra essere una “svista”, quanto un tentativo di arginare le conseguenze contingenti dell’emergenza coronavirus sul comparto turistico, che più di ogni altro subirà una grave e duratura crisi economica.


Va comunque osservato che, se non verranno apportate modifiche al decreto legge in sede di sua conversione, tali da renderlo conforme alla vigente normativa di tutela del consumatore in materia di turismo, si profilerà l’insorgenza di un fronte contenzioso che vedrà, da un lato, i consumatori invocare la disapplicazione della legislazione di emergenza in favore della direttiva comunitaria recepita dal Codice del Turismo e, dall’altro lato, gli operatori del turismo sostenere che il carattere emergenziale di tali norme le rende un’eccezione compatibile con il diritto comunitario.


Al momento non si può escludere che, in prospettiva, possa essere proprio l’Unione Europea a riconoscere che l’emergenza coronavirus legittimi la deroga della normativa interna di uno Stato alle direttive europee, ma nel frattempo, in assenza di una indicazione in tal senso da parte dell’Ue, l’attuale contrasto legislativo sembra doversi risolvere in favore dei consumatori, non potendosi ritenere legittime norme emergenziali che comprimono i diritti della parte più debole del contratto.


Resta il fatto che, quand’anche in sede giudiziaria dovessero accogliersi le istanze dei consumatori, le sentenze giungerebbero quando ormai l’operatore turistico potrebbe aver già chiuso i battenti causa fallimento “per coronavirus”, perciò è opportuno che in ogni situazione prevalga sempre tra le parti il buon senso, affinché venga raggiunto un accordo al quale poter dare concreta attuazione.

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