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Nelle successioni conviene affidarsi alla legge?

17 settembre 2020



Molti pensano che nella successione, se lasciamo fare alla legge, non si farà un torto a nessuno dei nostri cari, ma siamo sicuri che sia così?

Se decidiamo di non pianificare la successione, tralasciando di prendere in tempo provvedimenti sul nostro patrimonio, sarà poi il codice civile a decidere al nostro posto quanto spetta e a chi, e la freddezza della legge non tiene in considerazione particolari legami affettivi, che invece dovrebbero essere tutelati.


Si pensi, per esempio, a Giovanni separato legalmente da Laura, senza figli e convivente more uxorio da vari anni con Paola. Se Giovanni muore, il suo patrimonio viene ereditato per legge da Laura, mentre Paola non ha diritto a niente, in quanto per le convivenze di fatto nulla è previsto in materia successoria.

Non solo la legge stabilisce chi sono i soggetti che, in relazione al grado di parentela, hanno diritto a succedere, ma prevede anche una suddivisione dell’eredità in quote, considerando determinati soggetti di più rispetto ad altri (ad es. il coniuge e i figli) e dando particolare rilievo anche ai componenti della famiglia di origine (genitori e fratelli) a prescindere dal fatto che il defunto avesse ancora rapporti con loro.


Si pensi, ad esempio, a Marco e Chiara sposati da 20 anni e senza figli; Marco ha un fratello con cui i rapporti, negli anni, si sono raffreddati fino a diventare inesistenti. Se Marco muore, il suo patrimonio viene ereditato dalla moglie per la quota di 2/3, alla quale spetta anche il diritto di abitazione sulla casa familiare, mentre la restante quota di 1/3 spetta al fratello.

Chiara, pertanto, si troverà costretta a condividere con il cognato il patrimonio del marito (spesso frutto di impegno e solidarietà familiare), con il rischio di incorrere in liti giudiziali per la divisione dell’eredità e con la prospettiva di subire un progressivo impoverimento del patrimonio se il processo dovesse durare a lungo.


Se vi trovaste nei panni di Giovanni e Marco, lascereste fare alla legge?


In entrambi i casi fare testamento tutelerebbe meglio le persone care, ma nel primo caso non sarebbe sufficiente, perché il coniuge separato (senza addebito) è equiparato ai fini successori al coniuge non separato, al quale è riservata per legge una quota di eredità, mentre i fratelli e le sorelle possono essere esclusi dalla successione attraverso il testamento perché sono eredi legittimi, ma non legittimari (persone in favore delle quali la legge riserva una quota di eredità nella successione a prescindere dalla volontà del defunto).


La legge non si limita a stabilire le quote spettanti ai chiamati all'eredità in virtù del grado di parentela, ma prevede, in ragione della maggiore considerazione prestata a determinate categorie di soggetti, il diritto di abitazione in favore del coniuge sulla casa familiare e il diritto di uso sui beni mobili ivi presenti. Tale previsione normativa si ispira ragionevolmente a principi di solidarietà in favore del coniuge (si tratta di una sorta di tutela “rafforzata”).


Poniamo però il caso di Luca che vive nell'unico immobile di sua proprietà con la moglie Sara e il figlio Lorenzo, maggiorenne ma economicamente non autosufficiente e avuto da una precedente relazione. Se Luca muore, l’eredità spetta per il 50% alla moglie Sara e per il restante 50% al figlio Lorenzo, ma alla prima spetta anche il diritto di abitazione vita natural durante sulla casa familiare, oltre che il diritto di uso dei beni mobili ivi presenti, sicché Lorenzo potrebbe ritrovarsi costretto a lasciare la propria abitazione dove ha sempre vissuto fino al morte del padre, essendo equiparabile a un nudo proprietario.

Le situazioni familiari e personali sono molteplici, ma in tutti i casi è sempre meglio non affidarsi passivamente alla legge, ma provvedere per tempo a una pianificazione della successione, utilizzando i vari strumenti che la legge mette a disposizione, quali il testamento, la donazione, le polizze vita, il trust e il patto di famiglia.


Sarebbe, peraltro, auspicabile che l’ordinamento italiano si dotasse di regole di diritto successorio più moderne e meno ancorate a un modello familiare prettamente tradizionale, allentando i limiti imposti dal divieto dei patti successori (che sono i contratti in cui si concorda con gli eredi la futura successione). Basti pensare che la legge italiana riserva ai legittimari fino a 3/4 del patrimonio nel caso di persona coniugata con più figli, privando, di fatto, della possibilità di disporre con adeguata libertà dei propri beni.


Le aule di tribunale sono affollate di eredi che litigano tra loro quasi sempre a causa della mancanza o di una disattenta pianificazione successoria, per questo è importante evitare il “fai da te” e affidarsi ad un professionista con cui confrontarsi in maniera chiara e trasparente.

Avv. Silvia Morelli


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