21 maggio 2020
Le norme di contenimento della diffusione del Covid-19 hanno colpito duramente molti settori economici, ma sul piano sociale il prezzo più alto lo stanno pagando alcuni diritti fondamentali della persona, che costituiscono i pilastri su cui si fonda ogni democrazia: istruzione, sanità, welfare.
La Costituzione italiana tutela e promuove l’istruzione, stabilendo che: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento” (art. 33); “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore … è obbligatoria e gratuita” (art. 34).
Il diritto all’istruzione è dunque garantito a tutti, a prescindere dallo status sociale del singolo individuo, ed è attuato attraverso la previsione della gratuità della scuola, del libero accesso ad essa e della libertà di insegnamento, ma la pandemia provocata dal Covid-19 rischia di vanificare per molti studenti e famiglie questo primario diritto.
Dal 5 marzo 2020, in virtù delle disposizioni emergenziali di contenimento del coronavirus, gli studenti di tutta l’Italia hanno smesso, dall’oggi al domani, di sedersi sui banchi di scuola per posizionarsi davanti a un computer a fare lezione con modalità per lo più da remoto e, comunque, in forma digitale.
La scuola, messa in lockdown prima di ogni altro comparto per proteggere la salute pubblica, ha lasciato le mura dei propri edifici per entrare nelle case di ogni studente e questo, a prima vista, potrebbe sembrare un segnale positivo verso la modernizzazione dell’istruzione del nostro paese, ma a ben vedere, al di là delle buone intenzioni delle istituzioni, la possibilità per gli studenti di continuare a studiare si è rivelata “teorica” e ha finito col gravare sulle famiglie e, nella maggior parte dei casi, sulle donne.
Infatti, dall’inizio del lockdown stiamo assistendo ad un aumento nel paese delle disuguaglianze economiche, sociali e culturali, e la digitalizzazione dell’istruzione ha amplificato tali disuguaglianze a danno dei bambini e dei ragazzi, che rappresentano la speranza e il futuro del paese, in quanto ha reso diversi tra loro gli studenti, con buona pace del principio di uguaglianza e del diritto all’istruzione sanciti dalla Carta costituzionale.
Come conciliare il diritto all’istruzione con la didattica a distanza?
Molte famiglie non dispongono di un numero di computer tale da consentire a tutti i figli in età scolare di seguire le lezioni da remoto, e un numero non irrilevante di esse non dispone neppure di un computer e di una connessione dati che possa supportare le lezioni virtuali; molti ragazzi per timidezza personale o per vergogna del proprio ambiente familiare non attivano la telecamera per non essere visti; molti studenti non hanno un familiare in grado di seguirli nelle lezioni e i compiti loro assegnati rischiano di non essere mai svolti (e ciò vale soprattutto per i ragazzi che hanno difficoltà di apprendimento).
La lista delle problematiche legate agli ambienti socio-economico familiari in cui vivono gli studenti che impediscono, di fatto, il loro concreto accesso all’istruzione svolta in forma digitale potrebbe andare avanti, ma le conseguenze di ciò non si fermano soltanto a tali aspetti, perché coinvolgono anche la capacità relazionale dei più giovani e lo stimolo ad uscire dall’ambiente familiare che, venendo preclusi, ingenerano nel tempo un disagio psicologico, che può essere avvertito solo attraverso l’attenzione e l’ascolto che si attua con la presenza in classe degli studenti e non attraverso lezioni in videoconferenza.
Del resto, i dati del Ministero dell’Istruzione sono allarmanti e sconfortanti, in quanto si è stimato che un milione e mezzo di studenti sono “tagliati fuori dal digital divide”, e a questa situazione si aggiungono le notevoli difficoltà dei genitori nel dover lasciare i figli piccoli a casa, per tornare al lavoro, in assenza di un sistema di welfare che possa aiutarli dal punto di vista economico a sostenere le spese a ciò necessarie.
Le disposizioni varate dal governo, nel tentativo di arginare la disuguaglianza provocata dalla didattica a distanza, hanno previsto lo stanziamento di 80 milioni di euro per l’acquisto di pc e tablet nelle scuole del primo ciclo. Inoltre è stato avviato un nuovo monitoraggio sull’andamento della didattica a distanza avente lo scopo, in particolare, di rilevare le necessità attuali di device e connessioni.
Tutto questo nell’ottica di consentire il rientro degli studenti nelle aule scolastiche a partire dal mese di settembre, peraltro con modalità che dovranno consentire la distanza di sicurezza interpersonale e, quindi, con classi che nelle intenzioni del Ministero dell’Istruzione dovranno essere divise in due.
Sebbene sia auspicabile la riapertura delle scuole, qualsivoglia piano di sicurezza verrà adottato dalle istituzioni non potrà, in ogni caso, prescindere da una revisione dell’edilizia scolastica, dotando questo fondamentale comparto di adeguate risorse umane ed economiche.
Come ha recentemente affermato il Presidente della Repubblica la scuola è “un esercizio di libertà”, ma è bene ricordare che spetta alle istituzioni garantirne l’effettiva attuazione e a tutti i cittadini essere sentinelle della tutela del diritto all'istruzione
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