top of page
  • Immagine del redattoreSM2 Consulenza

Coronavirus: ci salverà lo smart working?


29 febbraio 2020




Il mondo del lavoro è stato travolto dal coronavirus: le imprese e i professionisti provano a correre ai ripari con lo smart working (“lavoro agile”).

Il più grande esperimento di smart working mai messo in atto”, così è stata definita la scelta di migliaia di aziende in Cina di fare ricorso allo smart working per restare operative e produttive nonostante i milioni di lavoratori costretti alla quarantena in casa dalle misure governative per il contenimento della diffusione del Coronavirus.

Una necessità che potrebbe trasformarsi in un’opportunità anche in Italia, dove in questi giorni il Governo ha varato un decreto legge che, nell’ambito delle Misure Urgenti sul Coronavirus, prevede la possibilità per le aziende che si trovano nelle Regioni “colpite” dal coronavirus di applicare il lavoro agile a ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza di accordi individuali previsti dalla legge n. 81/2017.


Ma cos’ è lo Smart Working?

Per meglio comprendere lo smart working è opportuno partire dalla distinzione con il telelavoro, introdotto da molti anni nella realtà lavorativa italiana e per questo maggiormente conosciuto.


Il telelavoro è un lavoro che si svolge a distanza rispetto alla sede centrale ed è basato sull’idea che il dipendente abbia una postazione fissa, ma dislocata in un luogo diverso dalla sede aziendale: i teleworkers lavoravano da casa o in un luogo specifico decentrato. Il telelavoro deve, inoltre, seguire normative precise, come l’obbligo da parte del datore di eseguire ispezioni per assicurarsi regolarità nello svolgimento del lavoro, nonché un adeguato isolamento dell’attività lavorativa da quella quotidiana e sicurezza, sia per il dipendente che per le apparecchiature tecnologiche utilizzate.


Lo smart working presuppone, invece, flessibilità e adattamento delle risorse umane in funzione degli strumenti che si hanno a disposizione. Segue alcuni punti essenziali del telelavoro, quali lo stesso trattamento economico degli “insiders” e l’obbligo di informazione sul rischio infortuni e malattie professionali con copertura Inail, ma si distingue dal telelavoro per il fatto che non è obbligatorio legarsi a un luogo fisico fisso in cui lavorare: la propria abitazione, una sede distaccata vanno benissimo, ma anche un qualunque altro luogo in cui si possa portare un computer o uno smartphone e vi sia una connessione Wi-Fi. Altro elemento di distinzione è l’autodeterminazione dell’orario di lavoro: il monte ore è gestito autonomamente dal lavoratore, perché ciò che conta è raggiungere l’obiettivo prefissato dal datore di lavoro.


L’iter rapido per accedere allo smart working disposto dal Governo in questi giorni va, dunque, nella direzione di favorire un contenimento della propagazione del virus tra la popolazione, ma anche di consentire per le attività lavorative da remoto che gli addetti possano svolgere i propri compiti virtualmente in luogo diverso dalla sede aziendale o dall’ufficio, riducendo così l’impatto economico che si sta inevitabilmente abbattendo sul sistema produttivo italiano.


Resta, tuttavia, il nodo dei lavoratori delle strutture turistiche, del commercio al dettaglio, della ristorazione e delle pulizie (per fare alcuni esempi), attività per le quali è pressoché impossible applicare lo smart working. Molti di questi, nell’attuale incertezza generale, vengono invitati a mettersi in ferie o a prendere permessi retribuiti, ma è evidente che si renderà necessario introdurre gli ammortizzatori sociali, riconoscendone l’applicazione sia alle aziende ubicate all’interno della zona rossa, sia a quelle che, in stretta conseguenza del coronavirus, si troveranno nella necessità di ridurre o addirittura cessare per un periodo lo svolgimento delle attività.


E’, comunque, importante sottolineare che il ricorso “necessitato” in questi giorni allo smart working è un’opportunità straordinaria per ridisegnare il futuro economico del nostro paese e per migliorare la qualità di vita delle persone, delle città e dell’ambiente, poiché è un modello di lavoro che riduce i costi aziendali e aumenta la produttività attraverso la flessibilità organizzativa dello svoglimento del lavoro e la responsabilizzazione del lavoratore nel raggiungimento dell’obiettivo aziendale.

Fino ad oggi c’è sempre stata una certa resistenza sull’adozione dello smart working, dovuta a una filosofia aziendale per la quale il lavoro si identifica più come un posto dove andare, piuttosto che un compito da svolgere o un obiettivo da raggiungere.

L’attuale emergenza sanitaria potrebbe essere proprio la spinta per la sperimentazione diffusa del lavoro da remoto, ponendo così le basi per cambiare le sorti del nostro modo di lavorare in futuro.

18 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page